Nel vasto e inarrestabile mondo dell’arte urbana, una disciplina si erge come una vera e propria rappresentazione dell’anima delle strade: la breakdance. Una forma di espressione corporea che ha conquistato il cuore di giovani e adulti in tutto il mondo, la breakdance è diventata un simbolo tangibile della cultura di strada. Ecco perché Street is Culture ha scelto di abbracciare questa forma d’arte e renderla parte integrante della propria missione.

La storia della breakdance ha avuto origine tra gli adolescenti afroamericani e latinoamericani nel quartiere del Bronx a New York negli anni ’70. Ha preso vita durante le feste private e gli eventi di strada organizzati dalla nascente comunità hip-hop ed è emersa come una risposta creativa alle sfide sociali e culturali dell’epoca.

I giovani dei quartieri urbani iniziarono a sperimentare movimenti e pose uniche ispirate dalla danza, dalla ginnastica e dalla cultura hip-hop emergente. Questa nuova forma di danza era caratterizzata da movimenti acrobatici, rotazioni, salti e gesti che sfidavano le convenzioni della danza tradizionale.

La breakdance comprende due componenti principali: una fase iniziale in posizione eretta chiamata “toprock” e una serie di movimenti che coinvolgono un contatto ravvicinato con il pavimento, tra cui “footwork”, “powermove” e “freeze”.

Divenne parte integrante della cultura hip-hop, che includeva anche writing, mcing e djing. I primi ballerini, noti come “b-boys” (ragazzi) e “b-girls” (ragazze), si esibivano nelle strade, nei parchi e nelle feste, creando una forma di intrattenimento unica e coinvolgente.

Negli anni ’80, la breakdance iniziò a guadagnare popolarità a livello globale grazie a film, programmi televisivi e tour internazionali di crew di breakdance. La competizione e la creatività all’interno della comunità portarono all’evoluzione di nuovi stili e movimenti, contribuendo a definire l’identità unica di questa forma d’arte.

In origine, la breakdance prende vita nelle strade all’interno dei cosiddetti “cypher”: gruppi di persone che formano cerchi in cui i b-boy si alternano nell’esecuzione delle loro sessioni di ballo. Oltre a essere un momento di espressione e di allenamento, il cypher rappresenta un’opportunità di socializzazione per i giovani. All’interno del cypher, possono emergere sfide individuali o di gruppo, comunemente chiamate “battle”. 

In questi anni iniziano a essere organizzati eventi conosciuti come “contest”, in cui b-boy e crew da diverse parti del mondo si sfidano secondo criteri predefiniti. Questi eventi si adattano alle dimensioni dell’occasione. Il cypher e la battle rappresentano una reinterpretazione culturale, poiché trasformano pratiche rituali antiche per adattarle all’ambiente urbano contemporaneo.

Nel corso degli anni, la breakdance ha continuato a svilupparsi e adattarsi alle tendenze culturali e musicali, mantenendo la sua essenza di libertà espressiva e individualità. Oggi, è considerata una forma d’arte rispettata e riconosciuta a livello internazionale, con competizioni, eventi e scuole dedicate a insegnare e preservare questa cultura di strada unica.

La breakdance ha esercitato un’influenza profonda nel mondo contemporaneo, plasmando la cultura popolare, la moda, la musica e l’arte. La sua energia creativa e la sua capacità di unire persone di diverse origini hanno contribuito a rendere la breakdance un simbolo di unità e espressione globale.

In un mondo in cui le barriere culturali spesso dividono le persone, essa agisce come un ponte che collega culture e comunità. Le crew che si esibiscono insieme, sono spesso composte da individui di origini etniche e sociali diverse. Questi gruppi offrono uno spazio di inclusione in cui le differenze sono celebrate e l’arte diventa il mezzo per condividere storie personali e collettive. 

Non è solo uno spettacolo visivo, ma anche uno strumento di cambiamento sociale. Attraverso l’arte del movimento, può affrontare temi importanti come l’uguaglianza, la diversità e l’inclusione. Le performance possono innescare discussioni significative sulla cultura di strada, la storia delle comunità marginalizzate e le sfide che affrontano. Essa spinge le persone a considerare il mondo da diverse prospettive e promuove il dialogo costruttivo.

SIC ha riconosciuto il potenziale unico della breakdance come veicolo per diffondere la cultura di strada. Includendola tra le discipline di cui si occupa, l’organizzazione dimostra il suo impegno a preservare e promuovere le forme d’arte urbane autentiche. 

Questa scelta rafforza l’importanza della breakdance come patrimonio culturale, nonché la sua capacità di influenzare positivamente la società.

Per ulteriori informazioni sui corsi, contattaci al numero 3516734178 o scrivici all’indirizzo corsi@streetisculture.com.

-Carmen Diop

BMX come stile di vita

La BMX, il cui acronimo sta per Bicycle Motocross e dove la X sta appunto per cross, è una disciplina che nasce alla fine degli anni sessanta negli Stati Uniti, a sud della California, e che si diffonderà poi nel resto del mondo nel decennio successivo. Nasce come “figlia” del motocross e viene poi riconosciuta dal FCI (Federazione ciclistica Italiana) e dall’ UCI (Union Cycliste Internationale), dal 2008 è stata ufficialmente inserita nelle discipline olimpiche.

BMX è uno sport che consiste in uno sprint iniziale su una pista lunga 300-400 metri circa, dove la rampa di partenza è rialzata e la pista è piena di curve paraboliche con un’alternanza media di 4 rettilinei, sui quali sono presenti solitamente 10-15 ostacoli posizionati lungo il percorso. Il tempo medio di percorrenza va tra i 35 e i 50 secondi. Ovviamente l’obiettivo è percorrere questa pista nel minor tempo possibile.

Nelle gare di BMX si sfidano otto piloti per volta. Nella rampa inclinata all’inizio della pista è installato un cancello automatico, il quale attraverso un dispositivo automatizzato (voice box) si apre quando gli viene dato l’ordine di partenza.

I materiali di cui sono composte sono acciaio al cromo-molibdeno e leghe ad alta resistenza. Le bici hanno una sola marcia, ma il vero particolare che le caratterizza sono i larghi manubri, pensati così proprio per garantire più stabilità ed equilibrio e permettere anche di sopportare meglio l’impatto dei salti.

Per praticare questo sport è necessario munirsi di protezioni come ginocchiere, casco, guanti, gomitiere, per limitare il rischio abrasioni o ferite date da eventuali cadute.

Non è solo uno sport divertente, in realtà muoversi bene su una BMX richiede molta tecnica, precisione ed equilibrio, che non tutti hanno. La velocità non è sempre la qualità più importante, da qui sono nate anche le versioni freestyle della disciplina.

La diramazione chiamata Park, ad esempio, è una variazione nata perché vengono usate infrastrutture di qualsiasi altezza. La variante street invece, consiste nel compiere acrobazie sfruttando l’arredo urbano come panchine, scale, etc. La Dirt, viene giudicata in base alla fantasia che l’atleta ha nel creare continue acrobazie particolari.

Come per le altre discipline di SIC, la BMX non è solo uno sport ma uno stile di vita, un modo di esprimersi artistico che mette in connessione gli atleti, che anche se si esibiscono individualmente infatti, sono legati tra loro dallo stesso modo di pensare e di vivere la vita.

Per ulteriori informazioni sui corsi, contattaci al numero 3516734178 o scrivici all’indirizzo corsi@streetisculture.com.

Nelle strade caotiche delle città moderne, un’arte unica e avvincente emerge come simbolo di libertà, espressione individuale e connessione con l’ambiente urbano circostante. Questa arte è il parkour, una disciplina di movimento che affascina e ispira, spingendo gli atleti a superare ostacoli fisici e mentali in modo fluido e creativo. E proprio questa connessione tra il parkour e la cultura di strada ha attirato l’attenzione di Street is Culture, portando alla sua scelta come disciplina di cui si occupa.

Il parkour, originariamente noto come “l’arte dell’attraversamento” e arrivato in Italia nel 2005, è nato negli anni ’80 in Francia. Affonda le sue radici nel “metodo naturale” di Georges Hébert, un ufficiale di marina francese del Novecento. Questo approccio rivoluzionario all’addestramento delle truppe si basava sulla semplice ma potente premessa: “Essere forti per essere utili”. Il metodo hébertiano si focalizzava su un concetto chiave: allenare un individuo attraverso movimenti naturali che lui stesso sapeva eseguire, in risposta alle situazioni che la natura o l’ambiente gli presentavano.

David Belle, figlio di un pompiere parigino addestrato con il metodo Hébert, ha portato questa pratica al parkour. Gli atleti di parkour, noti come tracciatori, si muovono agilmente in ambienti complessi, adattando il corpo al contesto, senza apparecchiature, cercando il percorso più veloce ed efficiente. I tracciatori utilizzano il proprio corpo per superare ostacoli come muri, recinzioni, ringhiere e qualsiasi altra superficie disponibile, con una combinazione di salti, arrampicate e rotazioni.

Il repertorio del parkour comprende corsa, arrampicata, oscillazione, volteggio, salto e altri movimenti, scelti in base alla situazione.

Il parkour è molto più di una semplice attività fisica: è un modo di vedere e sfruttare lo spazio circostante in modo creativo e funzionale. Ma il parkour è anche un’arte mentale, poiché richiede concentrazione, coraggio e la capacità di superare le paure interiori. Gli atleti si sfidano costantemente a spingersi oltre i propri limiti, ad affrontare le proprie insicurezze e a sviluppare una fiducia in se stessi che si riflette sia nel movimento che nella vita di tutti i giorni.

La scelta di Street is Culture è radicata in vari motivi significativi.

In primo luogo, il parkour incarna perfettamente i valori di espressione creativa e individuale che l’associazione promuove. Gli atleti di parkour trasformano l’ambiente urbano in un palcoscenico dinamico in cui la loro abilità e stile personale possono brillare. Ogni movimento diventa un’opera d’arte in sé, una forma di autoespressione attraverso il corpo e il movimento fluido.

In secondo luogo, la disciplina rispecchia l’adattabilità e la resilienza richieste nella vita di strada. Così come gli artisti di strada si adattano alle sfide e alle opportunità che la città offre, i tracciatori affrontano ostacoli imprevisti e trasformano gli impedimenti in opportunità di movimento. Questa capacità di adattarsi e reagire riflette la mentalità dell’artista di strada, che trova ispirazione nell’ambiente circostante.

Infine, rappresenta rappresenta una connessione profonda con lo spazio urbano e le comunità che lo abitano. Gli atleti di parkour sviluppano una consapevolezza unica del loro ambiente, esplorando angoli nascosti e spazi trascurati. Questo approccio consente loro di riscoprire e riappropriarsi della città in modi che risuonano con l’obiettivo di SIC di rivelare le diverse sfaccettature della cultura urbana.

Il desiderio è quello di celebrare l’arte e la creatività nelle strade, riconoscendo il potenziale unico del parkour nell’esprimere la cultura urbana in tutte le sue forme dinamiche.

Per ulteriori informazioni sui corsi, contattaci al numero 3516734178 o scrivici all’indirizzo corsi@streetisculture.com.

-Carmen Diop

 

Si è concluso oggi il tirocinio di Magda Lauletta, neolaureata in Sociologia presso l’Università degli studi di Salerno

Magda, all’interno di Street Is Culture ha imparato a riscoprire la cultura urban e tutte le sue sfaccettature, ma soprattutto l’esperienza l’ha resa consapevole dei metodi alternativi e sani che quest’ultima può offrire in relazione al sostegno ai ragazzi in ambienti difficili e precari. 

“É stato interessante e formativo parlare con gli educatori che prendevano parte agli eventi organizzati di volta in volta ed ascoltare le loro esperienze a contatto con ragazzi e minori di ambienti diversi”

Il suo impiego riguardava la comunicazione, la scrittura di articoli e, sul finire della sua esperienza, l’impostazione di una ricerca sociologica volta alla comprensione dei territori su cui intervenire. 

Sic ha rappresentato un luogo di crescita, aggregazione e, soprattutto, sostegno tra tutte le tirocinanti e con l’intero staff. 

 

 

Se sei alla ricerca di un’esperienza lavorativa all’interno di un team giovane e dinamico contattaci alla mail segreteria@streetisculture.com.

Il laboratorio di urban art che si è svolto all’IPM di Pontremoli si è occupato in particolare della disciplina del writing, una delle quattro arti della cultura hip-hop.

L’insegnante, di nome Kevi, si è concentrato sul lato tecnico del writing, che consiste nello scrivere la propria firma, detta tag, nel modo più creativo ed artistico possibile anche grazie al supporto di sfondi particolari o vari personaggi dipinti sulle pareti.

L’altro lato della formazione consiste nell’approfondimento teorico e storico del movimento artistico e di come questo si coniughi con il suo impatto sociale. Vengono mostrate alla classe delle fotografie di artisti e di opere che hanno lasciato il segno nella memoria collettiva.

Il lato pratico infine, consiste nel riprodurre sui muri i disegni che vengono prima provati in classe sul foglio dagli allievi. Il corso è stato della durata di 96 ore e si è articolato in una lezione a settimana della durata di tre ore. L’età degli interessati varia dai 14 fino ai 20 anni.

Uno dei ricordi che Kevi apprezza particolarmente riguarda l’attività collettiva che fu svolta per un’opera dedicata alla lotta contro il razzismo.

Il writing, ma proprio tutta la cultura hip hop, ha da sempre interessato gli strati sociali che stanno solitamente al margine della società. D’altronde quest’arte nasce dentro il “ghetto” americano, dando la possibilità ai ragazzi di avere un’alternativa che non sia la strada, un obiettivo che riguardi anche la loro passione.

Soprattutto negli istituti penitenziari questa disciplina può aiutare a concentrare il proprio tempo in maniera differente e soprattutto costruttiva. Può essere utilizzata come una sorta di rivendicazione sociale.

L’emozione più grande per Kevi è sentirsi dire che qualcuno vorrebbe continuare a dipingere anche una volta fuori da lì. Come altre discipline, il writing è un momento di condivisione e di aggregazione importantissimo per la vita dei ragazzi all’interno dell’IPM.

Se desideri ulteriori informazioni, contattaci al numero 3518531072 o scrivici all’indirizzo magid@streetisculture.com.

Il basket è uno sport amato in tutto il mondo, ma ci sono variazioni e adattamenti che lo rendono ancora più emozionante e libero. Uno di questi è lo streetball, una variante giocata su strada o in spazi aperti, che si discosta dalle regole rigide del basket tradizionale. 

Per la sua versatilità e per il contesto in cui è nata e si pratica, la disciplina viene inserita tra le otto a cui Street Is Culture dedica corsi per i ragazzi al fine di metterli in connessione con una cultura urbana innovativa. 

È un’arte espressiva che fonde talento, creatività e spirito di comunità. Questa particolare disciplina, nata in contesti urbani e spesso giocata su campi improvvisati, ha conquistato il cuore di molti appassionati in tutto il mondo. Con il tempo è riuscito a superare  i confini del gioco e diventare una vera e propria cultura trasversale.

Le origini della disciplina sono profondamente legate alla cultura urbana. Nasce nei quartieri delle grandi città, dove i giovani giocano a basket per strada, dando vita a un’esperienza ludica informale e senza regole rigide. Questa pratica ha consentito a molte comunità di sviluppare una propria identità, contribuendo a creare legami sociali e a promuovere la coesione tra i giovani.

Una delle caratteristiche distintive dello streetball è la sua natura creativa e la libera espressione. Gli atleti di strada hanno la possibilità di esibirsi con stili di gioco unici e spettacolari, mescolando passi acrobatici, dribbling innovativi e tiri audaci. La strada diventa il palcoscenico per la loro arte, e ogni partita è un’opportunità per mostrare il proprio talento e creatività.

Lo streetball si contraddistingue per il campo da gioco informale, spesso situato in strade, campi pubblici o cortili. A differenza delle arene ufficiali del basket, lo streetball non ha linee di campo rigidamente definite, ma si adatta alle caratteristiche dell’ambiente circostante. Anche questa libertà permette ai giocatori di sfruttare al meglio gli spazi e di adattarsi alle situazioni con creatività.

Le squadre di streetball sono generalmente composte da 3 a 5 giocatori per lato, anche se la dimensione può variare a seconda delle circostanze. Questa riduzione del numero di giocatori rende le partite più dinamiche, facendo emergere abilità individuali e connessioni di squadra più strette. La passione e l’impegno dei giocatori si concentrano su ogni singola azione, creando una competizione intensa e coinvolgente.

I punti vengono assegnati allo stesso modo del basket tradizionale, con canestri da 2 e 3 punti, ma le regole sui falli sono meno rigide. In molte partite, viene applicato il principio del “no blood, no foul”, consentendo un certo livello di contatto fisico finché non causa danni evidenti o ferite. 

Infatti, uno degli aspetti distintivi dello streetball è l’autogestione del gioco. Le chiamate dei falli spesso sono lasciate alla discrezione dei giocatori stessi, promuovendo il fair play e la cooperazione. Inoltre, il gioco continua senza pause per i tiri liberi, mantenendo un ritmo fluido.

La creatività è al centro dello streetball, che diventa una disciplina vera e propria e si distacca presto dall’essere considerata soltanto una variante del basket tradizionale, proprio grazie alla libertà nell’azione di gioco.  

La disciplina, inoltre, abbraccia l’inclusione e celebra la diversità. È un ambiente aperto a tutti, indipendentemente dall’età, sesso o background sociale. Questa apertura ha contribuito a rompere le barriere sociali e a creare spazi di incontro e interazione tra persone di diverse culture e provenienze. Lo streetball unisce le persone e promuove una vera e propria fratellanza.

Per questo motivo, oltre al puro divertimento e all’aspetto competitivo, lo streetball ha dimostrato di avere un impatto sociale significativo. In molti quartieri svantaggiati, il gioco di strada ha fornito un’alternativa positiva alle attività poco sane, contribuendo a tenere i giovani lontani dalla strada e dai rischi associati. Molti progetti sociali e associazioni hanno incorporato lo streetball come strumento per promuovere l’inclusione sociale e la cooperazione tra i giovani.

Inoltre, internet e i social media hanno amplificato l’impatto dello streetball, trasformandolo in una comunità globale. Video e clip di partite spettacolari si diffondono velocemente, consentendo a giocatori e appassionati di condividere la passione per questo sport a livello mondiale. Campionati e tornei internazionali riuniscono giocatori provenienti da diverse parti del globo, creando un senso di unità e competizione a livello internazionale.

In definitiva, lo streetball è una celebrazione della cultura del basket, un’opportunità per giocatori di tutte le età e livelli di esperienza di condividere la loro passione per questo sport e di divertirsi insieme, senza vincoli, sulle strade e negli spazi aperti di tutto il mondo.

 

Per ulteriori informazioni sui corsi, contattaci al numero 3516734178 o scrivici all’indirizzo corsi@streetisculture.com.

La devianza nei minori rappresenta una questione cruciale per una società civile incentrata sul rispetto e il sostegno dei più fragili. 

I giovani, nella loro fase di crescita e sviluppo, possono manifestare comportamenti devianti in varie forme, come comportamenti antisociali, reati minorili, abuso di sostanze, violenza, disimpegno scolastico e altro ancora. Questi segnali possono essere sintomo di problemi più profondi o di difficoltà personali e sociali che i giovani stanno affrontando.

In questo contesto, le istituzioni preposte alla tutela dei minori giocano un ruolo fondamentale nella prevenzione della devianza e nel fornire un adeguato sostegno ai giovani a rischio. Attraverso programmi di prevenzione attentamente strutturati, queste istituzioni cercano di intervenire precocemente, evitando che i minori intraprendano comportamenti devianti che potrebbero influenzare negativamente il loro sviluppo futuro.

Tra queste istituzioni, i Servizi Sociali per i Minorenni (USSM) svolgono un ruolo di primaria importanza. Essi si impegnano attivamente in iniziative che mirano a creare un ambiente di supporto, sicurezza e crescita per i minori, fornendo loro le risorse e gli strumenti necessari per affrontare le sfide della vita in modo costruttivo. 

Un esempio concreto si è svolto presso l’USSM di L’Aquila che, a metà luglio 2021, ha organizzato dei laboratori di arti di strada, sostenendo l’iniziativa di Street Is Culture. 

I vari laboratori presentavano diverse discipline e ognuna di esse mirava a trasmettere aiuto e sostegno concreto ai minori della struttura. 

Le discipline interessate sono state parkour, skateboard e graffiti. 

Stefano Divizia, street master e responsabile del laboratorio di graffiti, ci ha raccontato la sua esperienza all’interno dell’U.S.S:M.

“Durante il laboratorio di arte di strada, i ragazzi hanno dimostrato un vivace interesse verso il mondo dei graffiti. Alcuni di loro avevano già esperienza, mentre altri hanno scoperto una nuova passione“. 

Il corso, infatti, è stato concepito come un’opportunità di iniziazione all’arte di strada, offrendo una base di conoscenze e competenze per chi avesse desiderato approfondire questa forma espressiva. 

Nonostante le varie difficoltà del caso, Stefano ha raccontato che il corso si è svolto e concluso positivamente e il progetto è stato completato con successo, con la realizzazione, da parte di tutti i ragazzi coinvolti, di un graffito simbolico riguardo concetti di “dono“ e “perdono“.

Questo è successo per un motivo. Il laboratorio di graffiti, infatti, ha deciso di partecipare  al contest “Liberi di donare”, istituito nelle scuole e negli istituiti per minori (e promosso dall’Istituto Italiano della Donazione in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione).

Il contest in questione fa parte di un’iniziativa importante, che mira a promuovere la cultura del dono e della donazione in tutte le sue forme, coinvolgendo sia il mondo associativo che i cittadini privati. 

Per questo motivo l’idea dietro il graffito realizzato prevedeva un collegamento tra l’arte di strada ed il concetto di dono.

“Insieme ai ragazzi, dopo alcune lezioni teoriche, abbiamo sviluppato il concetto alla base del graffito giocando con il termine dono. Si è arrivati alla conclusione di usare il termine “perdono”, riferendosi al perdono da parte delle istituzioni verso l’assoluzione dei reati commessi, che poi può essere inteso anche “per-il-dono” per la volontà di essere d’aiuto e, appunto, donare”

Al pari del laboratorio di graffiti, anche quello di Parkour diventa un potente strumento per trasmettere ai ragazzi importanti insegnamenti sulla resilienza, la determinazione e il superamento delle difficoltà. I ragazzi, tramite le basi teoriche della disciplina, Imparano che non è necessario evitare gli ostacoli, ma che anzi, possono abbracciarli come opportunità di crescita personale. 

In sintesi, il laboratorio di Parkour offre ai ragazzi una preziosa riflessione sulla vita, insegnando loro che le sfide sono inevitabili, ma con la giusta mentalità e il giusto approccio, possono essere superate in modo creativo e positivo, trasformando gli ostacoli in opportunità e aprendo la strada a un futuro più promettente.

In conclusione, i Servizi Sociali per i Minorenni, in sinergia con artisti e associazioni, svolgono un ruolo essenziale nel fornire opportunità di sviluppo, integrazione e supporto ai minori a rischio e a quelli che hanno commesso reati. 

Attraverso iniziative di questo tipo si promuove una società più inclusiva e protettiva per i giovani. Una società che incoraggia la partecipazione attiva e positiva nella comunità. 

Inoltre, la prevenzione è una misura fondamentale per costruire un futuro in cui i giovani possano crescere e svilupparsi in modo sano e armonioso, diventando cittadini consapevoli e responsabili.

 

 

Per ulteriori informazioni contattaci al 351 673 4178 o scrivici su corsi@streetisculture.com

Esprimi te stesso in modo alternativo

La collaborazione tra Street is culture e progetto A ha dato vita a 32 centri estivi nel comune di Milano, laboratori di urban culture. Particolarmente interessati ad essi sono i bambini e i ragazzi che si impegnano in due delle nostre innovative discipline, Parkour e Breakdance. I nostri istruttori, esperti e qualificati, sono impiegati ogni giorno nei centri più numerosi.

Il progetto A fin dalla sua costituzione mette al centro della propria attività il benessere dei minori, interessandosi inizialmente a bambini e giovani a rischio di marginalità, per poi estendere il proprio intervento nelle scuole (assistenza educativa scolastica, sportelli di consulenza, psico-pedagogica, centri estivi e animazione extrascolastica) e nell’area minori e famiglie (interventi di educativa domiciliare, tutela minori, comunità educative residenziali, centri diurni).

A proposito di centri estivi a Milano, questi hanno al durata di trenta giorni in cui vengono svolte attività sia all’interno che all’esterno (ore 8:30- 16:30), e le attività sono tra le più varie; artistiche, ricreative, sportive, ludiche, etc.

Abbiamo conosciuto meglio due istruttori di discipline alternative quali, Breakdance e Parkour.

Il primo si chiama Andrea ed è un ballerino di breakdance che frequenta l’accademia di hip-hop ma studia da anni la disciplina del breaking direttamente dalla strada con i suoi amici. Dopo essersi trasferito a Milano ha deciso di restarci per intraprendere il percorso dei centri estivi.

Come dice Andrea: “Il primo giorno come insegnante è sempre speciale”, questo perché i bambini riescono a vivere anche il temutissimo momento del cypher (un cerchio in cui si balla uno alla volta) con estrema energia positiva, mettendosi in gioco per dimostrare la loro vera essenza. Dopo aver spiegato i passi basilari e aver estasiato i bambini con un’esibizione del maestro fatta di un two step attaccato ad un backspin, per poi passare da uno shoulder freeze ad un baby freeze, si passa alla creazione di una coreografia.

“La bellezza di lavorare in centri estivi con i bambini è quella di capire quanto sia importante guardare il mondo con occhi colmi di speranza, sorpresa e determinazione”.

Per quanto riguarda il parkour, l’istruttore è Raoul, un ragazzo che ogni giorno della settimana è presente in un centro estivo diverso, è attento a seguire i ragazzi in questa disciplina in modo sicuro, eseguendo movimenti basilari e adatti alla loro condizione psicomotoria. Si inizia con un movimento preparatorio e propedeutico ad una serie di movimenti che verranno dopo, ovvero la quadrupedia; cioè fare camminare i bambini per terra facendo un percorso precedentemente preparato da lui.

I ragazzi che partecipano possono avere varie età, dai 6 agli 11 anni circa, questo significa che per ognuno di essi Raoul modifica la metodologia. Più grandi sono i ragazzi più si aumentano le difficoltà in quanto hanno già sviluppato una coordinazione e una psicomotricità maggiore.

“L’obiettivo principale è quello di far divertire i bambini e di aumentare la loro autostima e la loro percezione dello spazio, attraverso la ripetizione di schemi motori naturali di cui però, negli anni, abbiamo diminuito l’uso. Un altro obiettivo è quello di insegnare loro il gesto tecnico di ogni movimento”.

L’importanza di questi centri estivi è quella di far sperimentare ai bambini discipline nuove che gli permettano di esprimere se stessi in modo alternativo e nel modo più affine al proprio essere, oltre che chiaramente un momento di condivisione dove si impara a stare in gruppo e ad essere un gruppo!

Se vorresti sapere qualcosa in più contattaci al 351 673 4178 o scrivici su corsi@streetisculture.com

Lo skateboard è da decenni uno dei simboli più rappresentativi della cultura giovanile urbana. È un fenomeno culturale che ha saputo conquistare i cuori di milioni di appassionati in tutto il mondo. 

La storia dello skateboard inizia in California negli anni ’50, ma con radici che risalgono molto più indietro nel tempo. Tutto ebbe inizio con il surf, uno degli sport più amati sulla costa californiana. I surfisti, desiderosi di poter sperimentare la stessa sensazione di libertà anche fuori dall’acqua, ebbero l’idea di montare ruote su tavole di legno e “surfare” sull’asfalto. Questo concetto di “surf su strada” divenne rapidamente popolare e portò alla nascita dello skateboard come lo conosciamo oggi.

Gli anni ’70 segnarono l’esplosione della popolarità dello skateboard. Grazie all’innovazione tecnologica, le tavole da skateboard divennero più resistenti e versatili, aprendo la strada a una vasta gamma di trick e manovre. Furono costruiti i primi skatepark, offrendo agli skater un luogo sicuro e dedicato dove praticare e migliorare le proprie abilità. L’immagine dello skateboard iniziò a comparire nei media e nella cultura popolare, trasformando gli skater in icone ribelli e spensierate.

Negli anni ’80 e ’90, lo skateboard divenne un simbolo di contro-cultura e di ribellione giovanile. La musica punk e hip-hop, insieme a film e video di skateboard, contribuirono a consolidare l’identità di questa subcultura. I giovani skater, con le loro tavole colorate e abbigliamento sgargiante, sfidavano gli standard sociali e rappresentavano una forma di protesta contro il conformismo. Ma al di là di questa immagine ribelle, lo skateboard continuò a evolversi come una disciplina sportiva e artistica in continua crescita.

Oggi, lo skateboard è diventato una parte essenziale della cultura giovanile. È uno sport incredibilmente versatile e offre una vasta gamma di stili e discipline. Due delle principali aree in cui gli skater si esprimono sono il “Street” e il “Park”.

Lo stile “Street” è la forma più popolare di skateboard. Gli skater di strada utilizzano l’ambiente urbano come il loro parco giochi personale. Scale, ringhiere, marciapiedi e altre strutture architettoniche diventano le loro sfide. Qui gli skater dimostrano la loro abilità tecnica eseguendo trick come ollie, kickflip, grind e slide. L’aspetto creativo dello street skateboarding è che ogni elemento dell’ambiente può essere trasformato in una nuova opportunità per mostrare la propria creatività e stile personale.

Il “Park” skateboarding si svolge invece all’interno di skatepark appositamente progettati. Questi parchi sono costituiti da rampe, half-pipe, bowl, e altre strutture specializzate che offrono agli skater l’opportunità di eseguire acrobazie spettacolari in aria. Gli skater di park dimostrano il loro coraggio e abilità, saltando e scivolando tra le varie sezioni del parco, creando sequenze di trick fluidi e spettacolari. Uno dei vantaggi degli skatepark è che offrono un ambiente sicuro per praticare, consentendo agli skater di allenarsi in modo più strutturato e concentrarsi su trick più complessi.

Entrambi gli stili hanno i loro sostenitori appassionati e offrono esperienze diverse. 

Lo skateboard in Italia sta vivendo una crescita costante e una sempre maggiore popolarità. Negli ultimi anni, la cultura si è radicata profondamente nel tessuto sociale del paese, coinvolgendo una vasta gamma di appassionati di tutte le età. Le città italiane offrono un ambiente ideale per lo skateboard, con una miriade di spazi urbani attrezzati e la proliferazione di eventi, competizioni e raduni. 

Lo skateboard è molto più di uno sport, è un’arte di strada e si adatta perfettamente alla filosofia di Street Is Culture. La disciplina permette di ampliare la propria visione artistica, trasformando gli spazi urbani in una tela su cui esprimere se stessi, trasformando le città in spazi dinamici e vivaci. L’associazione ha deciso di investire in corsi dedicati, offrendo ai giovani l’opportunità di esprimersi, di sviluppare competenze fisiche e mentali, e di unirsi a una comunità vibrante e appassionata. 

La promozione della cultura dello skate da parte di SIC non si limita dunque a insegnare trick e abilità, ma si concentra anche su valori fondamentali come il rispetto, la collaborazione e il senso di comunità. Mira a costruire una rete di skater uniti dalla passione per lo skateboard e desiderosi di contribuire al cambiamento sociale attraverso l’espressione artistica.

Con il riconoscimento istituzionale, incluso l’inserimento alle Olimpiadi estive, lo skateboard sta vivendo una nuova era di visibilità e opportunità. Ha raggiunto una portata globale, unendo skater di diverse culture e continenti in un’unica passione condivisa.

La storia dello skateboard è una testimonianza del potere dell’immaginazione giovanile e della creatività umana. Ciò che è iniziato come una semplice idea per sperimentare il surf su strada è diventato un fenomeno culturale globale, ispirando milioni di persone in tutto il mondo a scendere su quattro ruote e a sfidare la gravità in uno spirito di libertà, avventura e ribellione. 

Con il passare degli anni, lo skateboard continua a evolversi, ma la sua essenza di passione, creatività e libertà rimane immutata.

Per ulteriori informazioni sui corsi, contattaci al numero 3516734178 o scrivici all’indirizzo corsi@streetisculture.com.

-Carmen Diop

Conosciamo meglio SIC: chi è Alberto?

Alberto ha appena trent’anni, è nato a Trapani ed è un collaboratore di Street Is Culture dallo scorso gennaio. 

È andato via presto dalla Sicilia e si è traferito a Siena, dove si è laureato in scienze politiche e relazioni internazionali. In seguito ha ampliato il suo bagaglio culturale conseguendo anche una laurea magistrale in Cooperazione e sviluppo internazionale.

Ha conosciuto Street Is culture attraverso portali di annunci di lavoro. Quando ha letto di cosa si occupava Street Is Culture è rimasto piacevolmente colpito dall’idea di aiutare minori attraverso le arti di strada e ha deciso di candidarsi. 

Ha iniziato la sua carriera all’intero dell’associazione come tirocinante, diventando da gennaio in poi collaboratore full time e parte integrante dello staff. 

“Grazie a Sic ho la possibilità di conciliare il mio lavoro e la mia passione per il sociale, una passione che mi permette di portare avanti le due mission principali di street is culture: prevenzione (e quindi educazione) e rieducazione”.

All’interno di sic infatti Alberto si occupa principalmente di coordinare i progetti nell’ambito del terzo settore e nell’ambito penale. 

Gli eventi a cui Alberto confessa di sentirsi maggiormente legato sono quelli che riguardano soprattutto discipline sportive e urbane, come i laboratori di street-art e break-dance che si sono tenuti a Lecce, che hanno avuto inizio lo scorso 26 giugno, all’interno del centro diurno della città nel contesto di un progetto più ampio, portato avanti da ItaliaCamp (partner di Street Is Culture)

Ma ovviamente ricorda piacevolmente anche eventi come i laboratori di break-dance e di urban-art tenutisi all’interno dell’ IPM di Roma con due istruttori eccezionali o ancora, i laboratori di parkour e break dance che si stanno tenendo all’interno dei 32 centri estivi per bambini, gestiti dalla cooperativa “Progetto A”.

Alberto afferma che attraverso le discipline sportive urbane sia possibile agire su due livelli differenti. 

Lavorando con i ragazzi all’interno di scuole, centri estivi o nell’ambito di progetti definiti “di piazza”, l’intento è trasmettere i valori sani dello sport, dell’autodeterminazione fisica e del coordinamento fisico-mentale, oltre che l’aspetto artistico con uno sviluppo creativo liberatorio, incoraggiando nei ragazzi partecipanti creatività, abilità artistiche e soprattutto fiducia in sé.

All’interno degli istituti penali minorili, invece, si agisce puntando sulla rieducazione.

“E’ importante che ai minori che hanno commesso degli errori o ai quali sono capitati degli incidenti di percorso, sia data la possibilità di esprimersi liberamente e di canalizzare le energie su qualcosa di nuovo e di costruttivo”.

Il ruolo di Sic per l’educazione e la rieducazione è senza dubbio di grande importanza per i ragazzi che prendono parte ai progetti e agli eventi, le loro famiglie e gli ambienti che circondano loro. Ma è sicuramente di forte ispirazione anche per chi sta dietro i progetti e gli eventi, chi fa parte dello staff e ogni giorno lavora per ideare e costruire, in ogni sua forma, uno spazio che diventi inclusione e educazione.

Alberto ne è l’esempio.

 

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